Giochi della memoria, Fatal Labyrinth

di Redazione Commenta

Vestire i panni di un condottiero spavaldo e temerario è quasi sempre una costante nei giochi d’avventura disponibili per le console del presente e chiaramente anche quelle del passato. La figura dell’eroe che non deve chiedere mai così come quella del ragazzo non esattamente adatto a rivestire questo ruolo si trovano sempre al centro di sventurate situazioni in cui mostrare il proprio valore per riscattare le sorti di una città e salvare vite in pericolo.

Ciò era soprattutto ad appannaggio di giochi disponibili sulle console a 16 bit ed appartiene esattamente a questa tipologia di titoli Fatal Labyrinth, un gioco che arrivò nei primissimi anni ’90 sulle console di allora marchiate Sega. L’ambientazione non era esattamente una di quelle più gioviali e leggere mai apparse nel mondo videoludico visto che eravamo in missione in una specie di tetro castello chiamato Dragonia.


Gli esseri malvagi che popolano il maniero hanno rubato un prezioso elemento, l’Holy Goblet, senza il quale il mondo è destinato a restare nelle tenebre per sempre. E a chi tocca salvare il pianeta? Ancora una volta toccherà a noi, vestendo i panni di Trykaar un combattente che deve prepararsi per sfidare i pericoli nascosti tra le stanze del castello di Dragonia e riportare così a casa il maltolto.

La caratteristica che differenziava Fatal Labyrinth da tutti gli altri giochi d’avventura, era la creazione random dei 30 piani che componevano Dragonia. Infatti ad ogni partita sembrava di giocare ad un nuovo titolo visto che la forma e chiaramente anche gli ospiti delle varie stanze erano ogni volta diversi, aumentando notevolmente l’effetto longevità del titolo. La grafica era ai minimi termini, così come le animazioni, ma il mistero e il fascino di Fatal Labyrinth lo rendevano giocabilissimo.

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