
Più volte abbiamo affrontato l’argomento e più volte abbiamo notato quanto la passione per i videogiochi non sia per nulla vista di buon occhio dalle persone comuni che non conoscono quest’interesse tecnologico, a meno che non venga rappresentato semplicemente da una pallina gialla con tanto di enorme bocca pronta a masticare sferette gialle e fantasmini colorati e che consumi le voglie dei giocatori in una manciata di minuti.
Quelli messi maggiormente sotto accusa sono i videogiochi che implicano in qualche modo un certo livello di violenza, permettono a ferite laceranti di sanguinare in modo anche piuttosto realistico e soprattutto mettono in dotazione virtualmente, al giocatore di turno, delle armi praticamente identiche alle controparti reali. Videogioco violento = violenza nella realtà, è questo che diranno in molti dopo alcune informazioni trapelate dal terribile attentato ad Oslo di un paio di giorni fa.

Il carnefice che ha tolto la vita a più di ottanta studenti nell’isolotto scandinavo infatti è su tutte le pagine dei giornali per il suo gesto abilmente meditato e terribilmente crudele, ma in molti sicuramente penseranno che la colpa di questo gesto atroce che ha distrutto moltissime famiglie, è, quanto meno in parte, da imputare anche al tipo di videogames che l’uomo adorava e che probabilmente gli hanno permesso di compiere questa tragedia.
I giochi incriminati sono Call of Duty e World of Warcraft, due titoli che sono nell’olimpo del videogioco e che hanno venduto milioni di copie in tutto il mondo grazie ai vari capitoli delle rispettive saghe, ma l’uso di svariate armi e la premeditazione per alcune missioni sono tristemente simili al modo di agire che ha avuto il vichingo omicida. Ci dobbiamo aspettare una nuova crociata contro i videogames o capiranno che tutto è successo per la semplice pazzia dell’uomo?